Abuso di alcol

Nel 1998 frequentavo l’ultimo anno di liceo scientifico nella mia amata Venezia quando avvenne un fatto alquanto spiacevole di cui mi resi protagonista, una bravata, un atto compiuto completamente senza riflettere che però andò ben oltre il preventivato e che portò alla luce il mio abuso di alcoolici e il livello a cui la situazione era arrivata veramente.

Si stava svolgendo la lezione di geografia astronomica e la classe, per quanto non delle più pacifiche, ascoltava con apparente attenzione, solo io e un paio di compagni decidemmo che era il caso di animare un po’ la situazione e così io, memore di uno scherzo che qualcuno giorni prima aveva fatto, presi una monetina (da 500 £, mi sembra) e cominciai a scaldarla con un accendino. Il gioco prevedeva che la monetina diventasse appena calda, da dare una scossetta alla vittima, ma io non so perché, non volontariamente comunque, scaldai troppo la moneta, rendendola incandescente e nel pieno della lezione la feci scivolare nel collo della camicia del compagno che sedeva davanti a me. La reazione fu molto sproporzionata alle aspettative… Il poveretto schizzò in piedi urlando e poi di colpo si rimise a sedere, ma la moneta a quel punto era finita nei pantaloni, così sedendosi se a stampò sulle natiche, a fuoco…  A questo punto si voltò verso di me e fece per saltarmi addosso, ma i compagni ci divisero e dopo qualche urla venne portato al P.S. per una medicazione e io venni chiamato in presidenza dove mi fu comminata la mia pena: 4 o 5 giorni di sospensione e 7 in condotta, ma ciò che venne fuori fu l’abuso di bevande alcolico, ormai chiaro a tutti, professori e compagni. Cominciavo con una correzione a base di brandy del bicchiere di caffè a casa prima di uscire, per continuare con il succhiare la fidata fiaschetta riempita di whisky in ogni momento che ritenessi opportuno. L’odore di alcool e l’annebbiamento conseguente erano oramai facilmente identificabili. In quei giorni perciò con i miei giungemmo a prendere la decisione che seguissi un programma  di disintossicazione abbastanza intensivo. Così cominciai il day-hospital di alcologia che seguiva il metodo di Hudolin e successivamente indirizzava ai C.A.T. (club Alcolisti in Trattamento appunto creati da Hudolin). Ogni mattina dovevo trovarmi al Centro della Madonnina a Treviso dove si svolgeva il programma e fino all’ora di pranzo facevamo attività atte alla prevenzione, all’informazione, al confronto e al auto-aiuto in presenza di operatori e di un servitore insegnante, colui che dopo un lungo percorso di disintossicazione e recupero comincia ad essere moderatore di un Club. A pranzo mangiavamo insieme nella mensa e nel pomeriggio si tornava a casa. Alcune giornate particolari erano dedicate a gruppi con la famiglia in cui mettere a confronto la reciproca sofferenza e il diverso modo d’interpretare i reciproci comportamenti. Infinite volte i silenzi, i non-detti sono causa di profonda sofferenza. Fu la prima volta nella mia vita che cercai il dialogo con i miei e che compresi o almeno intuii che anche loro soffrivano di tutto quello che accadeva e che ne avevano immensa paura  non sapendo tra l’altro come affrontare il problema. Fu la prima volta che riuscii a dir loro cosa mi infastidiva, cosa mi mancava e cosa mi faceva paura. Le cose non cambiarono poi di molto e dovettero passare tanti altri anni perché riuscissi a alleggerirmi le spalle dal peso delle dipendenza, ma indubbiamente servì a cominciare un percorso che solo raramente trova conclusione in sé stesso, mentre molto più spesso si tratta  del primo mattone nella costruzione del proprio Tempio.

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La comunità è creata da persone e ciò che tiene insieme le persone sono l’educazione, la condivisione, le abitudini, il lavoro e non di meno le tradizioni e le feste.

L’8 dicembre di ogni anno in Comunità Incontro si festeggia una ricorrenza molto importante per i ragazzi, per il profondo significato che ha. Infatti tutti i ragazzi entrati in programma da almeno 6 mesi (tempo minimo perché i cervelli possano essersi schiariti dai fumi delle sostanze e le persone abbiano finalmente preso una decisione su ciò che intendono fare: rimanere o andarsene, dubbio che accompagna chiunque entri in strutture di questo tipo per molto tempo…) piantano un piccolo ulivo come simbolo delle loro nuove radici, dell’inizio di un profondo cambiamento abbracciante svariati aspetti della vita e della personalità. Al giovane ulivo viene attaccata una forma intagliata nel legno con su inciso il nome, la data e chi vuole può fare una dedica o riportare un pensiero. Io decisi di dedicare quel piccolo albero, ma ancor più il significato che avrebbe innalzato anno dopo anno nel cielo a mia madre che era mancata pochi mesi prima e purtroppo non aveva avuto la gioia di vedermi lucido e libero dalla morsa delle dipendenze. Se n’era andata mentre io ero ricoverato in ospedale a causa di un forte scompenso causato da un prolungato abuso di sostanze.

Nella foto sto riempiendo la buca in cui avevo appena sistemato l’alberello e per quanto possa sembrare esagerato (molti si diranno: «in fondo piantavate semplicemente un fuscello!») ero molto emozionato e orgoglioso di me stesso per essere riuscito ad arrivare a 6 mesi di astinenza e permanenza in Comunità, all’inizio cosa non molto facile.

E’ stato un grande giorno! E’ stato davvero l’inizio di un nuovo periodo. Devo molto alla Comunità e anche se oggi è ancora dura per molti aspetti senza questa esperienza di vita probabilmente non sarei nemmeno qui a cercare di affrontare i miei dubbi e le miei paure. Ho imparato molto sul piano relazionale e del confronto, della condivisione, ma anche del sacrificio. Spero con tutto il cuore e l’anima di non doverci mai più tornare, ma senza ombra di dubbio a chiunque ne avesse bisogno non esiterei un istante a indicare questa via, dicendogli subito di prepararsi alla fatica e al dover combattere contro la voglia di mollare che lo attanaglierà ad ogni difficoltà, pur minima…

Comunque a questo indirizzo se vi interessa, potete vedere direttamente le altre foto della Festa degli alberi, mentre QUI invece potete andare agli altri album.

Arteterapia

L’arteterapia è un percorso di cura e/o sostegno che viene ormai ampiamente utilizzato nelle strutture per la cura del disagio psichico e spesso anche nelle comunità terapeutiche, ancor più se per il trattamento di pazienti in doppia diagnosi.

Nel mio percorso presso la comunità Incontro, a Pistoia, ho anche avuto la possibilità di partecipare a sedute di arteterapia di gruppo. Una volta a settimana ci riunivamo in una stanza con grandi tavoli e un lungo pannello di polistirolo sul quale alla fine della seduta attaccavamo i nostri lavori e ne parlavamo. Ogni settimana ciascuno poteva affrontare qualunque argomento ritenesse importante  e potevamo esprimerci praticamenete con qualunque forma creativa che desiderassimo. Per lo più si utilizzavano grandi fogli bianchi A3, pennarelli, matite, ma altrettanto bello e interessante era il collage o l’uso dell’acquarello. Ognuna di queste tecniche ci consentiva di esprimere al meglio quello che sentivamo.

La comunità forse molto più di tutti gli altri luoghi in cui l’arteterapia è praticata, è costretta a scontrarsi con le forti resistenze di molte delle persone in cura. Resistenze dettate dall’imbarazzo, dalla paura di esporsi e di esprimere quelle che spesso sono considerata debolezze, ma anche perché dopo anni, decenni di strada, di rabbia , di droga c’è la tendenza a giudicare inutile e stupido tutto quello che richiede una partecipazione attiva in cui doversi esporre. Ma il bello di questa tecnica e che anche chi affrontava le sedute con questo spirito finiva inconsciamente per esprimere qualcosa di sé e per condividerla.

Terminati i lavori come ho detto li attaccavamo sul pannello in modo soggettivo, non vincolato da regole o indicazioni. La sola cosa che ci era richiesto di fare era di accostare il lavoro a quello che più vedevamo simile al nostro, per colore/i, per tema, per tecnica… insomma per qualunque modalità che richiamasse la nostra attenzione. Fatto ciò ci sedevamo a semicerchio davanti al pannello e a turno davamo una descrizione più o meno approfondita di quanto avevamo fatto, di ciò che desideravamo esprimere e del perché lo avevamo accostato a quel particolare lavoro. Poi, alla fine, prima di salutarci, ciascuno diceva una o più parole che descrivessero la seduta del giorno.

Arteterapia

Si è trattato di un esperienza molto bella, intensa e utile, durante la quale ho senza dubbio toccato e preso coscienza di comportamenti e chiusure che con forme tradizionali di terapia ho avuto molta più difficoltà a vedere, in quanto sempre e costantemente filtravo tutto col raziocinio, con l’analisi mentre invece attraverso la creatività veniva in buona parte bypassato questo “retaggio”.

Il mio programma di recupero è durato poco meno di 28 mesi ed è stato suddiviso in due tranche:

  1. 14 mesi  di accoglienza e disintossicazione in un struttura incentrata sul recupero dei ritmi, delle abitudini, della costanza e della coerenza attraverso attività lavorative e non nel rispetto degli orari. Ciascuno settimanalmente doveva portare avanti una responsabilità e farlo nel modo migliore possibile. Ogni settimana poi si faceva il punto della situazione con una valutazione collettiva del lavoro di ciascuno.
  2. 14 mesi circa di reinserimento durante il quale invece il programma è volto al recupero della socialità nel più ampio raggio possibile.

Se vi interessa vedere il resto del lavoro che ho svolto nei 14 mesi iniziali di programma in cui ho fatto arteterapia potete o clickare nel box Flickr nella colonna di destra o sfogliare le foto del progetto nell’album Arteterapia.

Arteterapia

Spirale

Due giorni fa ho pubblicato un POST in cui esprimevo la potenza della passione, l’irrefrenabilità dei sentimenti, la potenza dei sensi e nulla è più vero di ciò, nulla più palpabile ed emozionante, ma ciò che invece voglio “ritoccare” e la tempistica, chiamiamola così, l’assoluta incapacità di comprendere quando tutto questo sta superando il limite, quando mi trovo ancora nel territorio del reale e quando invece ho tristemente sconfinato in quello dell’immaginifico, del desiderato, ancor più dell’agognato.

Non so sinceramente se posso sostenere che questa sia una prerogativa dei bipolari, di alcuni di essi o soltanto mia. Di certo però posso sostenere che si tratta di emozioni “bipolari”, di un modo di viverle “bipolare”: non appena un milligrammo di dolcezza inumidisce la mia bocca, sento già che l’Amore si è impadronito di me e non sono più in grado di valutare quanto quello che sta accadendo sia reale. Non riesco più a frenare i miei sensi, a visualizzare le possibilità, le probabilità. Due parole dolci, un complimento, una carezza seppur virtuale e per me è già una situazione ampiamente definita. Quando poi, perché un poi almeno fino ad oggi è sempre arrivato, tutto questo va, più o meno limpidamente, in frantumi, per ragioni più o meno sincere o valide, io mi ritrovo a piombare in un stato di prostrazione profonda nel quale ogni particella del mio essere viene messa in discussione, solitamente non superando l’esame. Nel passato non molto lontano questa era immancabilmente la scusa per annichilire la mia mente e annientare il mio corpo pompando nel mio sistema circolatorio polvere gialla sciolta in acqua naturale sperando che portasse con sé il silenzio dell’anima e saziasse l’infinito desiderio d’amore. Oppure affogando il mio fegato il litri di tequila invecchiata ingeriti shot by shot, brindando nel salotto di casa con Mr. Josè Cuervo, il quale, però, sorridendomi, contava i soldi e beveva acqua…

Non lo so, non lo so davvero perché accada tutto ciò, perché io abbia un così profondo bisogno di amore, affetto, riconoscimento, conferme, gratificazioni, rassicurazioni, definizioni, identificazioni e potrei continuare ancora. Non lo so, e ciò mi fa ancora più rabbia, perché sia dipendente praticamente da ogni cosa, perché sia cresciuto incapace di costruire le fondamenta della mia persona, tentando sempre di soddisfare bisogni, necessità di altri, dovendo essere la “salvezza” di qualcuno – tra l’altro non riuscendoci visto com’è finita! O forse lo so, almeno in parte, ma non cambia nulla in quanto così è! Questo è quanto! E perciò sapere che mia madre così, mio padre colà, io su e la mia ex giù… serve a qualcosa? Si potrebbe dire: «a non ripetere ciò che di sbagliato si è fatto» e in linea di principio sarebbe un’affermazione saggia, ma quando si agisce per fabbisogno (per così dire), perché quello è il meccanismo che decenni di questa vita ti hanno insegnato le cose si fanno un po’ più complicate. Perdo lucidità. Perdo la capacità di agire. E quando mi sembra di aver capito il meccanismo, ecco che tutto viene nuovamente scardinato…

Ieri, ascoltavo una persona parlarmi, dirmi quello che pensa di me, leggerlo in quanto ci ha scritto un paio di post. L’ascoltavo mentre mi diceva che sono un opportunista, una persona che sfrttta la disponibilità degli altri, un vampiro, per usare le sue parole, paragonandomi ad una sua vecchia conoscenza, la più meschina delle persone che mi siano state descritte. Ascoltavo e mi dicevo: «Ma io sono questo? Sono questa merda? Valgo davvero così poco? Perché se almeno mi accorgessi di comportarmi così sarei un figlio di puttana opportunista, furbo che almeno ne trae qualche vantaggio. Io in tutta questa storia, a parte riflettere a lungo, ho vissuto una grossa disillusione, ho confermato a me stesso alcune cose che avrei voluto non confermarmi, ho capito che quanto trasmetto non vale nulla se non accompagnato da altre caratteristiche delle quali io non sono portatore, mi sono sentito riempire di parole dure che mi hanno ferito soprattutto perché non mi rendo conto evidentemente di come che appaio  veramente. E se questo è vero, è di una tristezza profonda.»

So con che scopo questa persona ieri mi ha parlato così e lo apprezzo, ciò però non toglie che mi abbia fatto male!

Comunque: «The show must go on!» Possibilmente apportando delle modifiche in positivo se se n’è capaci!

Youth Aids

 

Ogni spunto che porti a riflettere sui rischi ai quali si va incontro spesso senza nemmeno accorgersene è ben accetto! E così quando ne trovo uno cerco di condividerlo/diffonderlo. E’ incredibile come a riguardo di queste patologie ci sia ancora un’enorme ignoranza, madre legittima di molti contagi, subiti o causati!

Pensiamo sempre prima di agire! Usiamo il preservativo, può salvarci la vita!

Altre campagne le potete trovare QUI o potete visitare YouthAids

 

 

 


 

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Sorridendo, riflettiamo!

 

E’ proprio vero, per quanto possa sembrare banale, che le cose cambiano quando proprio non te lo aspetteresti, che quando ormai credi che la tua vita sia destinata a non modificarsi di una virgola accade qualcosa che scombina, positivamente, dolcemente la tua percezione del presente. Spazio temporale che fino a poco prima esisteva solo in quanto tempo da dover far passare nel modo meno noioso, tediante e rischioso possibile. Presente che ancor più aveva il solo scopo di “consentire” il pensare al passato e fugare in ogni modo consentito la costruzione del futuro…

E invece ad un tratto compare una persona, C., che riaccende emozioni sopite, che ti dice cose che nessuno ti aveva detto, ti “riconosce” qualità” che in ogni modo altri hanno tentato – e tu ampiamente contribuito – a celare alla qualsivoglia vista. Ti riconosce come uomo – e non nel senso virile del termine -, ma in quello interiore, di spessore, di emotività, di maturità. Sottolinea perfettamente gli scopi di quanto stai facendo e anzi aggiunge valore al tuo lavoro offrendo spunti e partecipazioni attive…

Dichiararmi oggi felice, credo, sarebbe esagerato in quanto la felicità trovo sia come la perfezione: irraggiungibile, se non per brevissimi sprazzi di tempo ed in singole attività; ma senza ombra di dubbio posso dire di essere emozionato, sereno, propositivo, progettuale e soprattutto desideroso di rendere questa persona serena e condividere il più presto possibile con lei un luogo….. (a buon intenditor poche parole) e con esso me stesso!

Questo penso, spero forse, sia l’equilibrio naturale che chiunque (e un bipolare ancor più) dovrebbero sperare di raggiungere. Non in funzione di una/un donna/uomo, ma in compagnia di una/un donna/uomo piuttosto. Non dimentico, né voglio farlo, né posso quello che è stato e ciò che è in funzione di quanto appunto è stato, ma profondamente spero di potermi concedere la chance di affrontare tutto con più fiducia, speranza e serenità, attento, anzi centrato sul non ripetere gli errori del passato!

Serenità

 

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La disperazione può raggiungere una tale profondità nell’animo delle persone da portare alla convinzione dell’inesistenza del futuro,  la monotona e necessaria tortura del presente e il ricordo di un passato che comunque sia stato era meglio del presente… Questo video squarcia una profonda ferita nell’animo di quanti ignorano o per scelta o per retaggio o per timore o per tenere lontano qualcosa che si ha il timore possa toccarci in modo più o meno diretto…

Quell’ago non buca semplicemente l’epidermide, non “risucchia” solo il sangue, non inietta semplicemente una sostanza; quell’ago fa molto di più…

 

CONOSCERE LE MALATTIE A TRASMISSIONE SESSUALE (MTS) PUÒ AIUTARTI AD EVITARE GRAVI PROBLEMI DI SALUTE

Le Malattie a Trasmissione Sessuale (MTS) sono causate da batteri, funghi, parassiti o virus che si trasmettono da una persona all’altra attraverso “i rapporti sessuali non protetti”, siano essi eterosessuali o omosessuali. Quindi fare sesso non protetto con una persona che abbia una MTS (… e potrebbe anche non saperlo!) è causa di trasmissione.

LE PIÙ CONOSCIUTE sono la sifilide, la gonorrea e l’AIDS. Altre MTS molto diffuse sono le infezioni da Papillomavirus (HPV) e le epatiti virali da HAV, HBV, HCV (epatite A, B, C).
LE MTS POSSONO ESSERE presenti in una persona senza provocare sintomi particolari, altre provocano ulcere o perdite mucose. La persona infetta, anche senza sintomi, può trasmettere l’infezione al partner sessuale.

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SerT

che cos’è il Ser.T.

Il SerT è un servizio interdisciplinare nel quale lavorano medici, psicologi, infermieri, assistenti sociali ed educatori professionali che, attraverso un’utilizzazione integrata delle loro competenze professionali, sono in grado di prendersi cura delle persone con problemi di:

  • abuso/dipendenza da sostanze legali (alcool, fumo, psicofarmaci)
  • abuso/dipendenza da sostanze illegali (sostanze stupefacenti come eroina, cocaina, cannabis, ecstasy, amfetamine, smart drugs, nuove droghe, etc.)
  • dipendenze comportamentali ( gioco d’azzardo patologico, internet etc.)

Le azioni integrate delle varie professionalità sono rivolte a persone che soffrono di dipendenze patologiche che possono avere trattamenti diagnostico-terapeutici di breve e lunga durata:

  • a breve termine si effettuano interventi immediati per minimizzare gli effetti psichici, fisici e sociali delle sostanze d’abuso, cercando di interrompere i comportamenti a rischio Leggi il seguito di questo post »