Approcci auspicabili e deprecabili nel trattamento di pazienti con problemi tossicomanici e/o psichiatrici
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( a Vittore )
CAPITOLO PRIMO
LA PERCEZIONE
DELLA SOFFERENZA
Nella vita di ciascuno di noi esistono momenti essenziali, eventi modificatori, fulminee ma vitali prese di coscienza. Giungono inattese e da quel istante in poi nulla è più come prima. Ciò che fino ad allora sembrava seguire un percorso immutabile, subisce una frattura tanto netta quanto risolutrice che innesca un processo inversamente proporzionale atto a condurre al reale cambiamento. Queste inversioni di marcia spesso si concretizzano al raggiungimento di una saturazione interiore che ci pone in uno stato di pressione tale da percepire l’intensa necessità di aprire una reale valvola di sfogo. E così ecco che siamo pronti a recepire e contemporaneamente attuare il cambiamento. Per me questo accadde un giorno di settembre di un anno fa. Non ricordo quasi nulla di quel giorno! Solo sprazzi del mio sempre più atroce naufragare nell’oceano della sofferenza senza ragioni apparenti. Sapete, quel lento, ma inesorabile rodimento che ti conduce al baratro e poi, come nulla fosse, ti ci spinge dentro. Ti chiedi, impotente, cosa stia accadendo; il perché di quella costante angoscia, ansia, insicurezza; da dove giunga e cosa nutra l’immutabile ed auto referenziale percezione di un continuo franare, sgretolarsi del tuo essere sotto i colpi della vita. Ma soprattutto desideri capire perché ciò che gli altri sanno affrontare, per te sia un ostacolo insormontabile. Gli ultimi, lunghi, lunghissimi anni, offerti in un involontario rito sacrificale, sono stati spesi nella ricerca di qualcuno che, finalmente, potesse, o almeno tentasse sinceramente e professionalmente di rispondere a queste domande, che si adoperasse con impegno reale per il ridimensionamento di questa voragine che in te si allargava, ma incredibilmente, paradossalmente più aumentava la necessità, la brama di comprendere, di guarire, più i “saggi della medicina” tacitamente palesavano la propria incapacità e vile superficialità. “Paga – o lascia che lo Stato paghi per te – e non disturbarci, non disturbare la già fin troppo benevola Società che per te sta molto facendo…”: incarcerandoti in comunità inutili e umilianti, in gabbie mentali, offrendoti vitto e alloggio, ma nessuna soluzione, cura per la tua malattia, anzi, per quanto in suo potere, aumentando cattolicamente i tuoi sensi di colpa e le tue paure. E così continui a chiederti, interrogarti, (altro…)