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Oggi pomeriggio visitando il blog di InfinitiSogni ho trovato questa teoria sull’utilità della poesia nell’affrontare i sentimenti negativi nelle fasi depressive davvero molto interessante e condivisibile  così mi è sembrato opportuno proporvela in modo integrale, come il suo autore, GAN, la pubblica sul blog.

Teoria che infondo si accosta e anzi, direi, si fonde in pieno con la tradizionale arteterapia che solitamente utilizza l’arte visiva o piuttosto quella figurativa, ma che non misconosce assolutamente l’utilizzo delle parole o dei versi per l’introspezione e l’outing delle proprie emozioni.

Ricordo che ci fu un periodo in comunità in cui feci arteterapia separatamente dal resto del gruppo a causa di un intervento al ginocchio che mi obbligava alla riabilitazione nelle ore in cui i ragazzi facevano attività; ciò mi offrì, di contro, la grande opportunità di approfondire un tema e sviluppare un progetto individuale, più attento quindi e più “dedicato”.

Da sempre, oserei dire, l’arte ha assunto un ruolo fortemente legato alla gestione dei sentimenti. Infatti tutti i più grandi artisti, che fossero pittori, scultori, musicisti, scrittori, poeti o anche scienziati, hanno sofferto molto. Tanti di loro in modo anche patologico come Van Gogh che era bipolare o Mozart; l’arte assurgeva al compito di strumento per demonizzare il proprio dolore e per veicolare in qualcosa che prendesse una forma definita invece che riempire l’animo e interrompere la capacità di produrre. La sofferenza imprime letteralmente al componimento artistico spessore forza, potenza, pathos e al contempo permette all’autore di essere/sentirsi più leggero e in molti casi anche gli offre la possibilità di dichiarare e divulgare, sdoganare la sofferenza.

L’Arte,senza dubbio, è la massima elevazione a cui l’uomo sia riuscito a spingersi e l’espressione più grande e magniloquente della purezza d’animo e della forza intellettuale. Intelligenza, Cultura, Sensibilità, Amore, Dolore, Abbandono, Colori, Tecnica, Sesso e Passione sono gli addendi che danno come risultato il fattore ARTE

Poetry in embrace

LA CURA DELLE MALATTIE POST DEPRESSIVE ATTRAVERSO LA POESIA IN UNA TEORIA DEL POETA GAN, GIOVANNI ANDREA NEGROTTI

 

Carissimi lettori,

intervengo qui in questo spazio per portare a conoscenza una mia teoria.

Inizio col raccontare un po’ quello che mi capito tempo fa, in diverse occasioni conobbi persone che avevano avuto problemi esistenziali ,e discutendo con tali persone iniziai un mio percorso per verificare quanto potesse essere d’aiuto la poesia nell’alleviare e nel confortare persone in un momento di disagio.

Iniziai dopo aver preso contatto e conosciuto bene le persone in questione a proporre le mie poesie, o a parlare di poesia in generale.

Mi stupii, come queste persone, molto negative per via del loro stato , tendevano a rinfrancarsi nel leggere tali versi.

Caso per caso, adottavo il semplice contatto via sms, per essere più riservati, e anche perché, si sa, attraverso questo modo di comunicare ci si sente un po’ protetti, un po’ come in teatro ci si sente protetti dalla maschera.

Ma veniamo ad alcuni esempi, non citerò i nomi naturalmente, una donna, affranta dal dolore della malattia del figlio in fase terminale, dichiarava che senza di lui non avrebbe resistito molto e che lo avrebbe seguito.

In questo caso, iniziai il dialogo con delle poesie che elogiavano alle cose belle e il mondo che ci circonda, poi, con poesie d’amore, in ultimo le inviai una mia poesia dal titolo “SUICIDA”, in quel momento, la persona mi fece una domanda- “Ma tu, ci hai mai provato?!”….

La mia risposta fu “Certo che no!”…”Deve essere tremenda una fine così”…rispose lei.

Qui, si capisce la forza della parola, perché, più che la poesia, viene interpretata la parola, il soggetto, capisce la densità della sensazione che il poeta declama, poiché si trova vicino ad un problema che sente solo suo, ma che non e’ più solamente suo, e si preoccupa che questo sia causa del suo disagio.

per questo esempio, posso dire che la donna, affrontò serenamente la scomparsa del figlio, e che non trova più così negativa ne’ la vita ne’ la morte.

Altro esempio che vorrei farvi presente, fu quella volta che conobbi una poetessa, in occasione di una cerimonia per un concorso; questa persona mi dichiaro che ebbe modo di iniziare a scrivere poesie, dopo una vita di maltrattamenti e soprusi, prima dal padre, poi dal suo uomo, e in un momento che stava per toccare il fondo, prese foglio e penna e incominciò a scrivere, scrivere, e infine mise in ordine tutti questi scritti e ne compose una prima silloge.

Aveva letto molte poesie, prima, e il suo primo lavoro era un susseguirsi di sensazioni di libertà, di incontro con la luce della poesia.

Certo e’, che la parola, la poesia, e’ quell’intimo pensiero che ci sta’ affianco al cuore. E’ con intensità emozionale e sensibilità che i poeti ci aiutano a trovare noi stessi, nelle cose semplici.

Quando Dante dice-” Mi ritrovai in una selva oscura”, non dice solo che si trova in un bosco fitto e buio, ma ben si, ” Io mi ritrovo nel buio della mia interiorità”, e questo lo fa attraverso la pura poesia.

Per questo, dico che il potere della poesia può essere d’aiuto alla cura delle malattie post depressive, leggere o scrivere, aiuta ad uscire dal nostro interiore oscuro.

GAN.

 

www.gan-poeta.com

 

 

 

Arteterapia

L’arteterapia è un percorso di cura e/o sostegno che viene ormai ampiamente utilizzato nelle strutture per la cura del disagio psichico e spesso anche nelle comunità terapeutiche, ancor più se per il trattamento di pazienti in doppia diagnosi.

Nel mio percorso presso la comunità Incontro, a Pistoia, ho anche avuto la possibilità di partecipare a sedute di arteterapia di gruppo. Una volta a settimana ci riunivamo in una stanza con grandi tavoli e un lungo pannello di polistirolo sul quale alla fine della seduta attaccavamo i nostri lavori e ne parlavamo. Ogni settimana ciascuno poteva affrontare qualunque argomento ritenesse importante  e potevamo esprimerci praticamenete con qualunque forma creativa che desiderassimo. Per lo più si utilizzavano grandi fogli bianchi A3, pennarelli, matite, ma altrettanto bello e interessante era il collage o l’uso dell’acquarello. Ognuna di queste tecniche ci consentiva di esprimere al meglio quello che sentivamo.

La comunità forse molto più di tutti gli altri luoghi in cui l’arteterapia è praticata, è costretta a scontrarsi con le forti resistenze di molte delle persone in cura. Resistenze dettate dall’imbarazzo, dalla paura di esporsi e di esprimere quelle che spesso sono considerata debolezze, ma anche perché dopo anni, decenni di strada, di rabbia , di droga c’è la tendenza a giudicare inutile e stupido tutto quello che richiede una partecipazione attiva in cui doversi esporre. Ma il bello di questa tecnica e che anche chi affrontava le sedute con questo spirito finiva inconsciamente per esprimere qualcosa di sé e per condividerla.

Terminati i lavori come ho detto li attaccavamo sul pannello in modo soggettivo, non vincolato da regole o indicazioni. La sola cosa che ci era richiesto di fare era di accostare il lavoro a quello che più vedevamo simile al nostro, per colore/i, per tema, per tecnica… insomma per qualunque modalità che richiamasse la nostra attenzione. Fatto ciò ci sedevamo a semicerchio davanti al pannello e a turno davamo una descrizione più o meno approfondita di quanto avevamo fatto, di ciò che desideravamo esprimere e del perché lo avevamo accostato a quel particolare lavoro. Poi, alla fine, prima di salutarci, ciascuno diceva una o più parole che descrivessero la seduta del giorno.

Arteterapia

Si è trattato di un esperienza molto bella, intensa e utile, durante la quale ho senza dubbio toccato e preso coscienza di comportamenti e chiusure che con forme tradizionali di terapia ho avuto molta più difficoltà a vedere, in quanto sempre e costantemente filtravo tutto col raziocinio, con l’analisi mentre invece attraverso la creatività veniva in buona parte bypassato questo “retaggio”.

Il mio programma di recupero è durato poco meno di 28 mesi ed è stato suddiviso in due tranche:

  1. 14 mesi  di accoglienza e disintossicazione in un struttura incentrata sul recupero dei ritmi, delle abitudini, della costanza e della coerenza attraverso attività lavorative e non nel rispetto degli orari. Ciascuno settimanalmente doveva portare avanti una responsabilità e farlo nel modo migliore possibile. Ogni settimana poi si faceva il punto della situazione con una valutazione collettiva del lavoro di ciascuno.
  2. 14 mesi circa di reinserimento durante il quale invece il programma è volto al recupero della socialità nel più ampio raggio possibile.

Se vi interessa vedere il resto del lavoro che ho svolto nei 14 mesi iniziali di programma in cui ho fatto arteterapia potete o clickare nel box Flickr nella colonna di destra o sfogliare le foto del progetto nell’album Arteterapia.

Arteterapia