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E’ trascorsa una settimana dal mio ultimo post, ma le ragioni sono più che valide… Sono stati giorni molto intensi, positivamente intensi in cui si sono verificate cose anche inattesese. Ho riscoperto emozioni da tempo sopite e mi è stata data la possibilità concreta di cominciare a mettere radici npiù solide, di dar vita ad alcuni piccoli grandi desideri che ho sempre serbato nel cuore.

La mia famiglia, come tutte le famiglie d’altronde, è particolare e come per ogni struttura sociale richiede anche un po’ d’impegno nel riuscire a far funzzionare le cose; non tutto è immediato, non tutto va come noi ci aspetteremmo andasse, non ogni singolo ingranaggio s’incastra precisamente con l’altro se non viene un po’ oliato… E così semplicemente una telefonata è stata capace di riattivare sensazioni e rapporti che non erano spenti, ma solo fermi in attesa di ritrovare la via più giusta. Infatti dopo che dentro di me si è schiarita un po’ di nebbia e ho capito che chiamando mio padre non facevo altro che dare ascolto ai miei sentimenti, tralasciando per una volta quelle che erano le costruzioni mentali che si fanno sempre su qualunque cosa succeda (i famosi: non faccio così perchè lui ha fatto colà…), la situazione è comletamente e naturalmente mutata. Ci siamo ritrovati a parlare a lungo e a capirci, ancor più ho capito quanto lui riuscisse a vedere dentro di me (cosa che avevo sempre creduto impossibile o molto complicata). Sentivo anticipare i miei pensieri e al contempo ammorbidirsi tensioni e allentarsi nodi. Erano anni che non vivevo qualcosa di simile, la lunga sensazione di solitudine parzialmente scemava, se non altro per quanto concerne la parte familiare e a ciò nei due giorni successivi avrebbero partecipato anche i miei zii.

Attendevo difatti l’arrivo di Bianca, la zia che da sempre è stata più un’amica sincera, una collaboratrice nella stesura dei miei libri, un aiuto silenzioso e attento nei momenti di crollo e di crisi e anche  colei a cui devo la vita in una triste notte di abuso…., e di mio zio – entrambi fratelli di mio padre – col quale non eravamo mai andati particolarmente d’accordo nonostante gli riconosca grande partecipazione e attenzione in tutto il periodo della comunità. Ma nulla mai mi avrebbe fatto pensare che le cose sarebbero state così inattese: mio zio infatti si è dimostrato molto più sereno e rilassato ed entrambi sono stati ambasciatori della bellissima notizia, da tempo paventata, ma per la mia situazione mai realizzata, di comprare una casetta dove e come mi facesse sentire finalmente a “casa”. Al di là della notizia in sé, il come l’ho ricevuta e le operazioni che ne sono seguite e ne stanno seguendo sono state bellissime. Dopo discrete ricerche per far combaciare i desideri alla spesa (giustamente non esorbitante) ho trovato una splendida casetta a Bagni di Lucca che affaccia sul fiume con un bel giardino e completamente restaurata. Entro non molto se tutto procede bene potrei trasferirmi e cominciare a comprare quanto manca. Non vedo l’ora! Sono davvero entusiasta per l’idea di arredarla come desidero, per l’aver trovato un luogo davvero bello, tranquillo e immerso nel verde, ma soprattutto per poter finalmente cominciare a mettere delle radici e costruire una vita nuova.

Ho già aperto e cominciato a sistemare un nuovo blog, SNAPSHOTS OF LIFE, per parlare della vita con uno sgurado nuovo e con la compagnia di un nuovo amico…

PSYKE & CO. non chiuderà, continuerà ad esistere come strumento d’informazione su i temi fin’ora trattati e come mezzo di riflessione, ma desidero ardentemente aprire una nuova finestra dalla quale far entrare i raggi di sole che illuminano il cielo e lo spirito e raccontare come un piccolo gesto possa far cambiare tante cose e che esse poi possano farne nascere di nuove ancora.

Vista camera

Questo è quello che si vede dalla camera da letto… Scusate se è poco…! Già m’immagino la mattina aprire la finestra e sciogliermi a questa vista e la notte addormentarmi cullato dal rumore dell’acqua…

 

Portico e Giardino

Questa invece è parte del portico e del giardino. Nell’angolo destro s’intravede il cancelletto che consente l’accesso diretto al lungo-fiume e al fiume e nel mezzo la splendida, enorme pianta di rosmarino.

 

Angolo Sala

Qui invece si vede l’angolo della sala e sulla sinistra parte delle mattonelle che continuano poi anche sulla parete opposta per l’angolo cottura.

Se volete vedere anche le altre foto potete clickare QUI o nel box Flickr nella colonna di destra.

 

Buona serata a tutti e per fortuna che di quando in quando le cose girano per il verso giusto…

 

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Abuso di alcol

Nel 1998 frequentavo l’ultimo anno di liceo scientifico nella mia amata Venezia quando avvenne un fatto alquanto spiacevole di cui mi resi protagonista, una bravata, un atto compiuto completamente senza riflettere che però andò ben oltre il preventivato e che portò alla luce il mio abuso di alcoolici e il livello a cui la situazione era arrivata veramente.

Si stava svolgendo la lezione di geografia astronomica e la classe, per quanto non delle più pacifiche, ascoltava con apparente attenzione, solo io e un paio di compagni decidemmo che era il caso di animare un po’ la situazione e così io, memore di uno scherzo che qualcuno giorni prima aveva fatto, presi una monetina (da 500 £, mi sembra) e cominciai a scaldarla con un accendino. Il gioco prevedeva che la monetina diventasse appena calda, da dare una scossetta alla vittima, ma io non so perché, non volontariamente comunque, scaldai troppo la moneta, rendendola incandescente e nel pieno della lezione la feci scivolare nel collo della camicia del compagno che sedeva davanti a me. La reazione fu molto sproporzionata alle aspettative… Il poveretto schizzò in piedi urlando e poi di colpo si rimise a sedere, ma la moneta a quel punto era finita nei pantaloni, così sedendosi se a stampò sulle natiche, a fuoco…  A questo punto si voltò verso di me e fece per saltarmi addosso, ma i compagni ci divisero e dopo qualche urla venne portato al P.S. per una medicazione e io venni chiamato in presidenza dove mi fu comminata la mia pena: 4 o 5 giorni di sospensione e 7 in condotta, ma ciò che venne fuori fu l’abuso di bevande alcolico, ormai chiaro a tutti, professori e compagni. Cominciavo con una correzione a base di brandy del bicchiere di caffè a casa prima di uscire, per continuare con il succhiare la fidata fiaschetta riempita di whisky in ogni momento che ritenessi opportuno. L’odore di alcool e l’annebbiamento conseguente erano oramai facilmente identificabili. In quei giorni perciò con i miei giungemmo a prendere la decisione che seguissi un programma  di disintossicazione abbastanza intensivo. Così cominciai il day-hospital di alcologia che seguiva il metodo di Hudolin e successivamente indirizzava ai C.A.T. (club Alcolisti in Trattamento appunto creati da Hudolin). Ogni mattina dovevo trovarmi al Centro della Madonnina a Treviso dove si svolgeva il programma e fino all’ora di pranzo facevamo attività atte alla prevenzione, all’informazione, al confronto e al auto-aiuto in presenza di operatori e di un servitore insegnante, colui che dopo un lungo percorso di disintossicazione e recupero comincia ad essere moderatore di un Club. A pranzo mangiavamo insieme nella mensa e nel pomeriggio si tornava a casa. Alcune giornate particolari erano dedicate a gruppi con la famiglia in cui mettere a confronto la reciproca sofferenza e il diverso modo d’interpretare i reciproci comportamenti. Infinite volte i silenzi, i non-detti sono causa di profonda sofferenza. Fu la prima volta nella mia vita che cercai il dialogo con i miei e che compresi o almeno intuii che anche loro soffrivano di tutto quello che accadeva e che ne avevano immensa paura  non sapendo tra l’altro come affrontare il problema. Fu la prima volta che riuscii a dir loro cosa mi infastidiva, cosa mi mancava e cosa mi faceva paura. Le cose non cambiarono poi di molto e dovettero passare tanti altri anni perché riuscissi a alleggerirmi le spalle dal peso delle dipendenza, ma indubbiamente servì a cominciare un percorso che solo raramente trova conclusione in sé stesso, mentre molto più spesso si tratta  del primo mattone nella costruzione del proprio Tempio.

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La comunità è creata da persone e ciò che tiene insieme le persone sono l’educazione, la condivisione, le abitudini, il lavoro e non di meno le tradizioni e le feste.

L’8 dicembre di ogni anno in Comunità Incontro si festeggia una ricorrenza molto importante per i ragazzi, per il profondo significato che ha. Infatti tutti i ragazzi entrati in programma da almeno 6 mesi (tempo minimo perché i cervelli possano essersi schiariti dai fumi delle sostanze e le persone abbiano finalmente preso una decisione su ciò che intendono fare: rimanere o andarsene, dubbio che accompagna chiunque entri in strutture di questo tipo per molto tempo…) piantano un piccolo ulivo come simbolo delle loro nuove radici, dell’inizio di un profondo cambiamento abbracciante svariati aspetti della vita e della personalità. Al giovane ulivo viene attaccata una forma intagliata nel legno con su inciso il nome, la data e chi vuole può fare una dedica o riportare un pensiero. Io decisi di dedicare quel piccolo albero, ma ancor più il significato che avrebbe innalzato anno dopo anno nel cielo a mia madre che era mancata pochi mesi prima e purtroppo non aveva avuto la gioia di vedermi lucido e libero dalla morsa delle dipendenze. Se n’era andata mentre io ero ricoverato in ospedale a causa di un forte scompenso causato da un prolungato abuso di sostanze.

Nella foto sto riempiendo la buca in cui avevo appena sistemato l’alberello e per quanto possa sembrare esagerato (molti si diranno: «in fondo piantavate semplicemente un fuscello!») ero molto emozionato e orgoglioso di me stesso per essere riuscito ad arrivare a 6 mesi di astinenza e permanenza in Comunità, all’inizio cosa non molto facile.

E’ stato un grande giorno! E’ stato davvero l’inizio di un nuovo periodo. Devo molto alla Comunità e anche se oggi è ancora dura per molti aspetti senza questa esperienza di vita probabilmente non sarei nemmeno qui a cercare di affrontare i miei dubbi e le miei paure. Ho imparato molto sul piano relazionale e del confronto, della condivisione, ma anche del sacrificio. Spero con tutto il cuore e l’anima di non doverci mai più tornare, ma senza ombra di dubbio a chiunque ne avesse bisogno non esiterei un istante a indicare questa via, dicendogli subito di prepararsi alla fatica e al dover combattere contro la voglia di mollare che lo attanaglierà ad ogni difficoltà, pur minima…

Comunque a questo indirizzo se vi interessa, potete vedere direttamente le altre foto della Festa degli alberi, mentre QUI invece potete andare agli altri album.

Arteterapia

L’arteterapia è un percorso di cura e/o sostegno che viene ormai ampiamente utilizzato nelle strutture per la cura del disagio psichico e spesso anche nelle comunità terapeutiche, ancor più se per il trattamento di pazienti in doppia diagnosi.

Nel mio percorso presso la comunità Incontro, a Pistoia, ho anche avuto la possibilità di partecipare a sedute di arteterapia di gruppo. Una volta a settimana ci riunivamo in una stanza con grandi tavoli e un lungo pannello di polistirolo sul quale alla fine della seduta attaccavamo i nostri lavori e ne parlavamo. Ogni settimana ciascuno poteva affrontare qualunque argomento ritenesse importante  e potevamo esprimerci praticamenete con qualunque forma creativa che desiderassimo. Per lo più si utilizzavano grandi fogli bianchi A3, pennarelli, matite, ma altrettanto bello e interessante era il collage o l’uso dell’acquarello. Ognuna di queste tecniche ci consentiva di esprimere al meglio quello che sentivamo.

La comunità forse molto più di tutti gli altri luoghi in cui l’arteterapia è praticata, è costretta a scontrarsi con le forti resistenze di molte delle persone in cura. Resistenze dettate dall’imbarazzo, dalla paura di esporsi e di esprimere quelle che spesso sono considerata debolezze, ma anche perché dopo anni, decenni di strada, di rabbia , di droga c’è la tendenza a giudicare inutile e stupido tutto quello che richiede una partecipazione attiva in cui doversi esporre. Ma il bello di questa tecnica e che anche chi affrontava le sedute con questo spirito finiva inconsciamente per esprimere qualcosa di sé e per condividerla.

Terminati i lavori come ho detto li attaccavamo sul pannello in modo soggettivo, non vincolato da regole o indicazioni. La sola cosa che ci era richiesto di fare era di accostare il lavoro a quello che più vedevamo simile al nostro, per colore/i, per tema, per tecnica… insomma per qualunque modalità che richiamasse la nostra attenzione. Fatto ciò ci sedevamo a semicerchio davanti al pannello e a turno davamo una descrizione più o meno approfondita di quanto avevamo fatto, di ciò che desideravamo esprimere e del perché lo avevamo accostato a quel particolare lavoro. Poi, alla fine, prima di salutarci, ciascuno diceva una o più parole che descrivessero la seduta del giorno.

Arteterapia

Si è trattato di un esperienza molto bella, intensa e utile, durante la quale ho senza dubbio toccato e preso coscienza di comportamenti e chiusure che con forme tradizionali di terapia ho avuto molta più difficoltà a vedere, in quanto sempre e costantemente filtravo tutto col raziocinio, con l’analisi mentre invece attraverso la creatività veniva in buona parte bypassato questo “retaggio”.

Il mio programma di recupero è durato poco meno di 28 mesi ed è stato suddiviso in due tranche:

  1. 14 mesi  di accoglienza e disintossicazione in un struttura incentrata sul recupero dei ritmi, delle abitudini, della costanza e della coerenza attraverso attività lavorative e non nel rispetto degli orari. Ciascuno settimanalmente doveva portare avanti una responsabilità e farlo nel modo migliore possibile. Ogni settimana poi si faceva il punto della situazione con una valutazione collettiva del lavoro di ciascuno.
  2. 14 mesi circa di reinserimento durante il quale invece il programma è volto al recupero della socialità nel più ampio raggio possibile.

Se vi interessa vedere il resto del lavoro che ho svolto nei 14 mesi iniziali di programma in cui ho fatto arteterapia potete o clickare nel box Flickr nella colonna di destra o sfogliare le foto del progetto nell’album Arteterapia.

Arteterapia

E’ proprio vero, per quanto possa sembrare banale, che le cose cambiano quando proprio non te lo aspetteresti, che quando ormai credi che la tua vita sia destinata a non modificarsi di una virgola accade qualcosa che scombina, positivamente, dolcemente la tua percezione del presente. Spazio temporale che fino a poco prima esisteva solo in quanto tempo da dover far passare nel modo meno noioso, tediante e rischioso possibile. Presente che ancor più aveva il solo scopo di “consentire” il pensare al passato e fugare in ogni modo consentito la costruzione del futuro…

E invece ad un tratto compare una persona, C., che riaccende emozioni sopite, che ti dice cose che nessuno ti aveva detto, ti “riconosce” qualità” che in ogni modo altri hanno tentato – e tu ampiamente contribuito – a celare alla qualsivoglia vista. Ti riconosce come uomo – e non nel senso virile del termine -, ma in quello interiore, di spessore, di emotività, di maturità. Sottolinea perfettamente gli scopi di quanto stai facendo e anzi aggiunge valore al tuo lavoro offrendo spunti e partecipazioni attive…

Dichiararmi oggi felice, credo, sarebbe esagerato in quanto la felicità trovo sia come la perfezione: irraggiungibile, se non per brevissimi sprazzi di tempo ed in singole attività; ma senza ombra di dubbio posso dire di essere emozionato, sereno, propositivo, progettuale e soprattutto desideroso di rendere questa persona serena e condividere il più presto possibile con lei un luogo….. (a buon intenditor poche parole) e con esso me stesso!

Questo penso, spero forse, sia l’equilibrio naturale che chiunque (e un bipolare ancor più) dovrebbero sperare di raggiungere. Non in funzione di una/un donna/uomo, ma in compagnia di una/un donna/uomo piuttosto. Non dimentico, né voglio farlo, né posso quello che è stato e ciò che è in funzione di quanto appunto è stato, ma profondamente spero di potermi concedere la chance di affrontare tutto con più fiducia, speranza e serenità, attento, anzi centrato sul non ripetere gli errori del passato!

Serenità

Paranoia

Pubblico un racconto che ho scritto circa 9/10 anni fa. Racconta del mio primo vero viaggio, sapete, quello in cui ci si sente per la prima volta davvero liberi, cittadini del mondo e grandi sperimentatori… Infatti, se lo leggerete, vi accorgerete che in alcune parti non rispecchia più quella che è la mia posizione di ora rispetto a certe tematiche, ma allora ero nel pieno della scoperta di quel mondo, quel mondo in cui avrei poi vissuto per parecchi anni, quel mondo in cui la trasgressione, l’esagerazione e l’abuso erano le leggi che lo facevano ruotare… Quel mondo che poi ho lottato così tanto per rifuggire e trasmigrare altrove.

Fra le tante sostanze testate ci sono stati anche i funghi allucinogeni che indubbiamente tra tutte le droghe, insieme alla marijuana, sono i meno nocivi, ma che richiedono una certa “preparazione” perché possono condurti dove non vorresti andare o dove la tua mente non è pronta ad aggirarsi. E il racconto narra proprio di questo.

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Flacone di KetaminaNel mio passato di utilizzatore e purtroppo abusatore di sostanze sono chiaramente venuto a contatto anche con la Ketamina o Keta o Special K o varie altre definizioni amichevoli. Come per tutte le cose della vita anche le sostanze e quindi i loro effetti piacciono soddisfano in modo soggettivo. C’è chi cerca l’eccitazione e chi l’intorpidimento dei sensi, c’è chi cerca lo stravolgimento sensoriale (altro…)

E’ nato il forum di PsyKe & CO. Uno spazio libero dove discutere e confrontarsi su tuttie le tematiche di cui già il blog si occupa. Basta registrarsi e poi via, tanti argomenti e possibilità di conoscersi, sentire altre voci e utilizzare un modo diretto ed efficace per parlare dei propri dubbi, paure e curiosità nonchè avere la possibilità di rispondere alle domande che vengono poste aiutando così qualcuno a risolvere un dibbio.

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